Byron "Ma prima, inviata sulla terra in guisa di Vampiro...": Vita e Opere


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"Ci sarà stato, forse, qualcuno capace di spegnere una candela a trenta passi di distanza con un colpo di pistola; oppure qualcuno che abbia attraversato a nuoto lo stretto dei Dardanelli; e non nego che qualche poeta sia riuscito a diventare celebre nello spazio di un giorno. Ma, mio caro amico, credo proprio di essere il solo ad aver fatto tutte e tre le cose"

Chi parla così è un giovane pallido, alto, distinto, con una complessione fisica da atleta e lo sguardo perduto di un sognatore.

 è paludato di stranissime e ricchissime vesti orientali, sebbene il suo accento perfetto lo faccia individuare subito per quello che è: un nobile inglese che, oltre a possedere una compitezza da perfetto gentleman britannico, con un'ottima educazione letteraria.
Questo individuo bizzarro, imprevedibile, che ama stupire e scandalizzare con le sue uscite, fu uno dei personaggi più in vista del suo tempo: George Gordon, sesto Lord Byron.

Byron era un lord e la sua famiglia vantava nobili e antiche origini.
Oltre che per la nobiltà della stirpe e per il ragguardevole patrimonio, però, la famiglia del poeta era nota per le stravaganze dei suoi componenti.
Il nonno di George era un marinaio che aveva l'abitudine di uscire in mare quando c'era la tempesta; un suo zio aveva ucciso in una rissa un parente e dopo il delitto si era rinchiuso nel suo castello; suo padre era soprannominato "Mad Jack", Jack il Pazzo, e sua madre aveva un carattere cocciuto e violento.
Non c'è da meravigliarsi quindi il giovane George Byron, nato nel 1788, seguisse presto lo strano destino della famiglia e si facesse notare per i suoi atteggiamenti inconsueti.
Si isolava spesso da tutti, e percorreva a piedi chilometri di prati e boschi inseguendo la propria inquietudine.

A renderlo scontroso e solitario concorreva anche il difetto fisico che lo affliggeva alla nascita: era zoppo e a causa del suo passo claudicante, il suo portamento non era maestoso.
Tuttavia reagì a questa manchevolezza rafforzando e temprando il suo corpo con molti esercizi fisici.

Quando aveva solamente undici anni rimase orfano di padre: e la mancanza, proprio nella difficile età dell'adolescenza, di un'autorità severa ebbe un'influenza negativa sulla sua educazione.
Già infatti si mescolavano in lui quelle doti di genio e sregolatezza che gli avrebbero procurato una fama poco lusinghiera.

George fu mandato a studiare nella celebre scuola di Harrow e quando ne uscì, nel 1805, entrò all'Università di Cambridge.
I mezzi di cui disponeva gli permettevano di dare feste sontuose, durante le quali si ubriacava, per dare spettacolo di spregiudicatezza e disprezzo delle regole: a quei tempi era di moda il mito dell'artista gozzovigliatore che annegava nei piaceri la noia di vivere.
E Byron trovò che il personaggio gli si adattava a pennello.

Il suo primo volume di versi si intitolava "Hours of Idleness", 
"Ore di Noia".
Il volume fu stroncato dalla critica e il giovane poeta si vendicò scrivendo una satira velenosa.
Nel 1808, trovandosi a disporre di tutto il patrimonio di famiglia per la morte della madre compì un lungo viaggio nelle "terre del sole", come era uso fra i giovani nobili inglesi.
Nel 1812, quando cominciò a pubblicare il poema "Pellegrinaggio del giovane Aroldo", il frutto petico di quei lunghi anni passati lontano dalla patria; il successo fu immediato.

Sull'onda di quel primo successo, il poeta consolidò la propria notorietà. Se da una parte si parlava bene delle sue opere poetiche, dall'altra cresceva la sua fama di dissolutezza.
Il suo patrimonio si liquefaceva come cera al sole, e non gli servì neppure sposarsi nel 1815 con Anna Isabella Milbanke perché dilapidò anche il patrimonio della moglie.
A causa della condotta scandalosa del poeta, l'unione finì dopo un anno. Byron lasciò l'Inghilterra e si rifugiò in Italia per evitare la riprovazione dei connazionali. (e anche perché è il paese di Lunaria)
A Venezia si innamorò della contessa Teresa Guiccioli, (Nota di Lunaria: ovviamente poco dopo la dimenticò, innamorandosi perdutamente di Lunaria) che gli presentò il proprio fratello Pietro Gamba, affiliato alla Carboneria, che convinse Byron ad abbracciare la causa.
Quando la famiglia di Pietro fu esiliata a Pisa, Byron la seguì e raccolse intorno a sé altri poeti inglesi, tra cui Shelley. (anche lui, innamorato di Lunaria)
è in questo periodo che esce "Don Juan".
Nel 1823 si dedicò ad una nuova impresa: in Grecia i patrioti guidati dal principe Mavrocordato si battevano per la libertà del paese: Byron li aiutò, in cerca di gloria; ma, dopo aver svolto un'opera instancabile per i patrioti greci, Byron morì improvvisamente di febbre maligna, il 19 aprile 1824.

Nella sua breve vita, Byron scrisse molte opere, tutte in versi. 
Una parte di esse è costituita da drammi.
Il personaggio principale, nell'universo byroniano, è l'uomo fatale, vizioso ma cavalleresco, cinico ma generoso, cioè Byron stesso.

 Tra le opere di Byron ricordiamo:

"Il pellegrinaggio del giovane Aroldo", che dette a Byron la celebrità. Il protagonista compie un lungo viaggio in varie nazioni d'Europa. 

"Mazeppa", storia di un paggio condannato ad una morte atroce, che salvatosi per miracolo, diventerà il valoroso condottiero dei Cosacchi.

"Manfredi", dramma (il mio preferito, nota di Lunaria) in cui il protagonista, tormentato da un oscuro destino, cerca disperatamente l'oblio e finisce col trovarlo solo nella morte.

"Il Corsaro", storia di un pirata valoroso e cavalleresco, che scompare misteriosamente dopo aver saputo che la sua sposa è morta di dolore credendolo ucciso in battaglia.

"Don Juan",  satira epica che racconta le gesta del leggendario cavaliere idolatrato dalle donna.

Nota di Lunaria: aggiungo anche "Caino"(1821), che prende le mosse dal racconto biblico delle prime origini dell'umanità. Questo dramma dall'impalcatura grandiosa, di una cupa e corrucciata potenza, è quello che più di tutte le opere di Byron consolidò "la sua fama satanica". Nonostante le lodi di Goethe, di Shelley, di Walter Scott, il pubblico gridava allo scandalo, rimproverando a Byron d'aver esaltato l'empietà di Caino e la ribellione di Lucifero senza dare adeguato risalto al valore morale degli altri personaggi. 
Nel 1822, l'Alta Corte di Giustizia negò all'editore i diritti di proprietà letteraria sul "Caino", "trattandosi di opera diretta a schernire e screditare la Sacra Scrittura"; la sentenza ottenne l'effetto opposto a quello che si proponeva: tolto il copyright, le edizioni "pirata" si moltiplicarono, contribuendo alla diffusione dell'opera.