Commento a ''I Masnadieri'' di Schiller

 

Il dramma che nel 1781 impone Schiller all'attenzione del mondo teatrale deve certamente molto del suo successo al clamore suscitato dalla violenza del linguaggio, dalla forza della passione e dalla crudezza delle azioni che in esso si rappresentano. Gli slanci lirici, le atrocità, la profondità dello scavo psicologico richiamano subito alla mente del pubblico le modalità espressive del "Macbeth" o del "Riccardo III": "Se mai avevamo di attenderci uno Shakespeare tedesco, ebbene eccolo".
Proprio come una tragedia shakespeariana "I Masnadieri" rappresentano un mondo in disfacimento, dominato da una violenza cieca e totale, la cui catastrofe travolge col suo furore un'intera epoca storica.
La decisione di vivere contro i dettami etici della dottrina dell'amore non scaturisce nel protagonista Karl, al contrario che in Franz, da una riflessione puramente razionale sulla natura dell'uomo; essa nasce invece dalla constatazione che l'ordine naturale fondato sulla legge dell'attrazione spirituale minaccia di perdersi, che l'anarchia della volontà - con i suoi connotati di egoismo, sete di potere e sadismo - domina la realtà moderna e che il male è e deve essere almeno provvisoriamente la norma dell'esistenza.
Il male è pertanto per Karl uno strumento essenzialmente etico: esso segna l'itinerario della volontà che ricerca, per mezzo della distruzione, la nuova legge morale dell'umanità. Lo scontro tra il riconoscimento della verità del bene e la constatazione della necessità del male non può non porsi come contraddizione lacerante. E la malinconia di Karl nel suo monologo metafisico è espressione di questa consapevolezza. Il carattere eroico di Karl si riconosce nel tentativo di agire lasciando aperta la contraddizione fra azione distruttrice e perseguimento di una giustizia ideale. E l'uccisione di Amalia è l'atto simbolico che sancisce la caduta dell'illusione stessa. Affiora alla coscienza dell'eroe tragico la consapevolezza del fatto che due individui spinti dal medesimo disprezzo per la giustizia "possono ridurre in macerie l'intero edificio del mondo morale". Il principio dell'odio sembra infine affermarsi su ogni istanza contraria e il risultato dell'azione di Karl appare indistinguibile da quello a cui sono pervenuti gli intrighi di Franz.
è sufficiente leggere le "Lettere Filosofiche" a cui Schiller consegna una sintesi del proprio pensiero giovanile; il protagonista, Julius, afferma: "Un'anima che ama solo se stessa è un atomo che nuota in un immenso spazio vuoto", ma il desolato scenario di un mondo abbandonato dall'amore quale quello che si prospetta alla riflessione di Julius è lo sfondo dell'azione del primo dramma di Schiller: è la catastrofe che incombe sull'età dell'Illuminismo. Una catastrofe che nei Masnadieri diventa il grande spettacolo di un mondo dominato dall'odio e dalla solitudine dei suoi protagonisti.
Come Schiller presentava "I Masnadieri"
"Questi personaggi immorali dovevano, sotto certi aspetti, brillare e spesso guadagnare in spirito ciò che perdevano in cuore [...] Inoltre, come Garve insegna, nessun uomo è del tutto imperfetto: anche il più dissoluto ha ancora molte idee giuste, molti istinti positivi, molti nobili gesti. Egli è soltanto più imperfetto. Si troveranno qui malvagi che strappano l'ammirazione, malfattori rispettabili e individui orribili non privi di maestà [...] Ci si imbatterà in uomini che abbraccerebbero il Diavolo solo perché  è un essere senza eguali [...] In poche parole, si proverà interesse anche per i miei Jago, si proverà ammirazione per il mio incendiario assassino e quasi lo amerà [...] ma proprio per questa ragione sconsiglierei io stesso di osar mettere in scena questo mio dramma [...] la plebe si lascerebbe convincere da un aspetto bello ad apprezzare anche il fondamento di bruttezza o scorgere nel dramma un'apologia del vizio [...] Il vizio è illustrato nei suoi meccanismi interni. [...] Per colui che si è spinto fino al punto di affinare il suo intelletto a spese del cuore non esiste più nulla di sacro; l'Uomo e Dio sono nulla, i due mondi, ai suoi occhi, non esistono (*) Non voglio nascondere che, a mio avviso, l'applauso del pubblico non è sempre l'unità di misura per il valore di un dramma."
"Lo Adramelech di Klopstock suscita in noi un senso di ammirazione e di ripulsa. Seguiamo il Satana di Milton che attraversa l'impervio caos con un misto di raccapriccio e meraviglia. La Medea degli antichi drammaturghi resta, con tutti i suoi orrori, una grandiosa e stupefacente figura di donna e il re Riccardo di Shakespeare avrà certamente un ammiratore in quello stesso lettore che lo odierebbe se lo avesse realmente davanti a sé [...]"

"I Masnadieri". Il ritratto di una grande anima traviata, dotata di tutti i doni per eccellere e, con tutti i suoi doni, perduta.
Lo scatenato ardore e le cattive amicizie rovinarono il suo cuore, lo trascinarono di vizio in vizio finché, da ultimo, guidò una banda di assassini incendiari accumulando orrore su orrore, precipitando da un abisso all'altro nelle profondità della disperazione pur restando sublime e nobile, generosa e imponente nella sventura.
E dalla sventura essa fu migliorata e ricondotta all'eccellenza. Compiangerete e odierete, disprezzerete e amerete un simile tipo d'uomo nel bandito Moor [...] Non senza orrore si getterà lo sguardo sull'economia interna del vizio e si vedrà come tutto l'oro della felicità non uccida il tarlo della coscienza che è seguito molto da vicino dall'orrore, dalla paura, dal rimpianto, dalla disperazione."

"Conosci le profondità dell'abisso prima di saltarci dentro!" (Atto Terzo)

Qui, le parti più emozionanti

ATTO PRIMO

Franz: Non è questo amore verso di lui la causa di tutto il vostro cruccio? Per voi, senza questo amore, egli non esisterebbe. Senza questo amore colpevole ed esecrabile, per voi egli sarebbe morto... non sarebbe mai nato.

Il monologo di Franz:

Ho ottime ragioni per essere in collera con la natura [...] Perché mi ha imposto il fardello di questa ripugnante bruttezza?
[...] Morte e dannazione! Chi le ha dato il potere di concedere a lui ogni cosa e di privarne me? [...] Perché fu così parziale nella sua opera? Ma no, no! Io le faccio torto! Essa ci diede in dono l'inventiva e ci depose miseri e nudi sulla riva di questo grande oceano del mondo - nuoti chi sa nuotare e chi è troppo impacciato vada a fondo! A me non diede nulla; e quel che voglio fare di me stesso riguarda ora solamente me. [...] Perciò, passiamo pure oltre! Chi non teme nulla non è meno potente di colui che è temuto da tutti.


ATTO SECONDO

Franz: è morto [il padre], gridano, morto! Ora sono io il padrone! Lo gridano per tutto il castello, morto!
Ma come, forse egli dorme soltanto? [...] Il sonno e la morte sono due gemelli. Scambiamo per una volta i loro nomi! Sonno gradito e onesto! Ti chiameremo morte! [...] Via, allora, questa fastidiosa maschera di mitezza e virtù. Adesso vedrete il vero Franz e vi farà orrore. [...] Le mie sopracciglia dovranno esser sospese su di voi come nubi di tempesta, il mio nome tiranno si librerà su questi monti come una minacciosa cometa [...] I miei colori preferiti saranno il pallore della povertà e del timore servile: voglio rivestirvi con questa livrea!


ATTO QUARTO

Karl: Chi può assicurarmelo? Tutto è così oscuro... Labirinti intricati... senza uscita... senza una stella che funga da guida.. Se con l'ultimo respiro tutto fosse finito...
Finito come un insulso spettacolo di marionette... Ma a cosa serve quest'ardente brama di felicità? A cosa questo ideale di un'irraggiungibile perfezione? Il differimento di piani irrealizzati? Se la sola pessione di questo semplice oggetto [tenendo la pistola davanti al viso] rende uguali il saggio e il pazzo... il vile e il coraggioso... l'uomo nobile e il malfattore?
[...] Spiriti di coloro che ho ucciso! Non tremerò! [tremando violentemente] I vostri angosciati gemiti prima della morte... Il vostro viso nero per lo strangolamento... [...] Il tempo e l'eternità... legati l'un l'altro da un unico istante! Atroce chiave che chiudi dietro di me la prigione dell'esistenza e dinanzi a me schiudi la dimora della notte eterna... [...] Comunque tu sia, Indicibile Eternità, solo questo mio Io mi resta fedele... Comunque tu sia, porterò con me solo me stesso. Le cose esteriori sono solo l'apparenza dell'uomo... Io sono il mio cielo e il mio inferno.
 
(Riporto anche il testo originale visto che è la mia parte preferita: Sei, wie du willst, namenloses Jenseits - bleibt mir nur dieses mein Selbst getreu - Sei wie du willst, wenn ich nur mich selbst mit hinübernehme - Außendinge sind nur der Anstrich des Manns - Ich bin mein Himmel und meine Hölle)


ATTO QUINTO

Franz: Ma io non voglio essere immortale... Sia quel che sia, io non lo impedirò. Io voglio costringere Dio ad annientarmi, voglio eccitare la sua ira affinché, nell'ira, mi annienti. Dimmi, qual è il più grande peccato, quello che più di ogni altro lo manda in collera?

Karl: Oh, che pazzo sono stato io a credere di poter rendere bello il mondo con l'orrore [...] 


(*) Nota di Lunaria: per approfondire questo aspetto, vedi



 Su Schiller vedi anche: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/commento-al-visionario-di-schiller.html